domenica 15 agosto 2010

The never ending match

Quello che stsa accadendo sul campo 18 di Wimbledon ha dell'incredibile. Non ci voglio credere, eppure il risultato è sotto ai miei occh: al quinto set i due gioatori, due carneadi vestiti in completo bianco in ossequio alla rigidatradizione del Tempio inglese del Tennis. In palio: il passaggio al terzo turno del più prstigioso torneo di Tennis del mondo. Gli inglesi sono religiosamente sportivi: c'è un Tempio per il Rugby (Twickenham), uno per il calcio (Wembley), uno per il Tennis, Wimbledon. Su uno degli altari si sfidano tale Jhon Isner, stangone americano di 206cm e fisico più da seconda linea di Rugby, e tale Nicolas Mahut, peperino francese che ancora dopo oltre nove ore di gioco trova la forza per regalare al pubblico un paio di tuffi a vita persa per cercare di salvare palline impossibili. Applausi, standing ovation: se fosse anche riucito nel suo intento, sarbbe venuto giù il palzzetto.

Si avanti per inerzia, a colpi di ace (98 per l'americano, 95 per il francese), coi giocatori che si trascinano per il campo come pugili suonati, a volte rimangono immobili, a osservare la cannonata dell'avversario cadere sul campo a velocità da Formula1 e poi schiantarsi sul muretto di fondo campo.
Solo questo terzo set è durato sette ore, la partita in totale si trascina da dieci.
C'è del grottesco in questo psicodramma su erba: al game di uno risponde l'altro, e ogni match point viene puntualmente annullato a colpi di ace, e così, in un loop interminabile che manda in brodo di giuggiole gli stupiti e di solito compassati sportivi inglesi, si arriva al calare delle tenebre: partita sospesa per oscurità, tutto rimandato al giorno dopo.
C'è della crudeltà nell'ostinato anacronismo dello sport romantico: niente tie-break al quinto set, avanti finchè uno dei due non prevale sull'altro con almeno due game di vantaggio sull'avversario; anche a costo di arrivare all'infinito, al logoramento; uno solo alla fine resterà e srà il vincitore.
E' questa la legge crudele dello sport: ci vuole un vincitore e un vinto.
Ma in patite come questa non c'è un vincitore e un vinto: bisognerebbefermarsi qui, sul 59-59 e innumerevoli record infranti, applaudire entrambi i contendenti e lasciare che a decidere sia la sorte.
Sarebbe il finale più bello di questa contesa emozionante, di questa epica trasposizione della Grande Guerra combattuta a colpi di racchette e palline, ace, passanti, servizi non ritornati. Il premio i questa logorante battaglia sarà per il vincitore l'avanzamento di turno, per lo sconfitto lo scoramento, per entrambi la Storia e la Leggenda del Tennis. (Milano, 24/06/2010)

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