venerdì 20 gennaio 2012

Quel fottuto binomio sport-morte...

La morte della sciatrice free-style canadese Sarah Burke, deceduta dopo nove giorni di coma in seguito a un incidente in allenamento, ha tragicamente riportato a galla quel binomio sport e morte che da almeno un paio d'anni si è preso la ribalta con una regolarità agghiacciante. Tutto era iniziato a Vancouver, durante quella che avrebbe dovuto essere la grande festa delle Olimpiadi invernali. Invece la Nera Signora, quella a cui nessuno sfugge, ha deciso di entrare in scena lì, portandosi via i sogni olimpici assieme alla giovane vita di Nodar Kumaritashvili, uno slittinista georgiano orribilmente schiantatosi contro i paletti esterni a quel budello di ghiaccio che molti, compresi affermati ed esperti campioni, avevano bollato come pericoloso.
Misano Adriatico, 5 settembre 2010: all'Autodromo Santa Monica c'è clima di grande festa in occasione della tappa di San Marino del Motomondiale. Ad un tratto accade l'imponderabile: Shota Tomizawa, un giovane fantino giapponese perde il controllo della moto e cade, venendo subito centrato da Alex De Angelis e Scott Redding. A distanza di una settimana dalla morte del piccolo Peter durante una gara di contorno della tappa americana, un altro lutto funesta il Motomondiale. Ma è il 2011 il vero annus horribilis: durante la terza tappa del Giro d'Italia, il 26enne belga Weylandt cade in discesa: le immagini del suo volto squassato, del sangue che esce, del disperato tentativo di rianimazione faranno il giro del mondo. Il giorno dopo l'intera carovana sfilerà muta e triste in memoria del compagno d'avventura tragicamente scomparso.
Motorsport is dangerous! E' un mantra che tutti devono sempre tenere in mente e per questo a ogni ingresso d'autodromo la scritta campeggia a memento. Dan quella gara non doveva correrla. Dan era stato convinto a partecipare dal gran capo della Indy con una scommessa tanto folle quanto affascinante: vincere la corsa di Las Vegas, capitale del gioco d'azzardo, partendo per ultimo. In caso di esito positivo lui e un fortunato scommettitore si sarebbero spartiti un ricco bottino. Ma la corsa e la vita di Dan sono finite all'undicesimo giro, in un inferno di lamiere e fiamme che ha coinvolto 15 vetture. Dan aveva un debito con la sorte: qualche mese prima, aveva vinto la sua seconda 500 miglia di Indianapolis sfruttando un clamoroso errore del rookie Hildebrand all'ultima curva. Nella capitale del gioco d'azzardo, la Sorte si è presa tutto, persino gli interessi.
L'ultima immagine che ho di Marco è lui sorridente, con i suoi mille riccioli avvolti da un asciugamano giallo per combattere la calura. Sorrideva e teneva in mano un cartello con cui pubblicizzava il suo sito. Quel giorno c'era Nuova Zelanda-Francia, la finale del mondiale di Rugby. Nemmeno il tempo di sedermi in camera mia che arriva mio padre, con una faccia da funerale che ricorderò per sempre: mi informava che Marco era stato vittima di un terribile incidente, che era lì immobile in mezzo alla pista senza casco e che assai probabilmente era morto. Pensavo a un suo scherzo, macabro: ma come poteva essere successo, se fino a un minuto prima era lì con il suo cartello? 
E poi Guido Falaschi, pilota di turismo argentino; qualche giorno prima un piccolo cartista sempre in Argentina. E poi quest'anno l'incidente mortale alla prima tappa della Dakar sudamericana. Fino alla morte di Sarah. Lo ammetto, non sapevo chi fosse, ma la sua storia mi ha colpito molto. Era una bella ragazza canadese, fisico da pin-up e curriculum sportiva da fenomeno; anche grazie a lei e alla sue determinazione lo sci free-style si è guadagnato un posto alle Olimpiade. Che sono sicuro lei guarderà da una posizione speciale. Assieme a Dan, a Marco, a Shoya, a Wouter, a tutti quelli che la Nera Signora ha deciso di portare via con sè.
A proposito: oggi Marco compie 25 anni. Ovunque tu sia, Auguri!