domenica 12 agosto 2012

Lettera di un tifoso deluso al Calcio

Caro Calcio,
chi ti scrive è un tuo tifoso deluso. 
Oddio, tifoso è una parola troppo grossa: non sono mai stato uno che bazzicava gli stadi, che faceva le trasferte per seguire la propria squadra, che tutte le domeniche, come un rituale, si alzava e andava a cantare cori nelle curve. No, io sono mai stato uno di queste persone. Ma un appassionato si. E anche molto: mi ricordo, qualche anno fa (non troppi, sono pur sempre giovane), il velo di tristezza per la fine di una stagione, la voglia matta che iniziasse quella nuova, le amichevoli estive alla tv con le squadre più improbabili che uomo avesse mai sentito o visto, i Mondiali da godere tutti di un fiato. E poi c'era quella bellissima telenovela del calcio-mercato: c'era un che di affascinante in quel mulinello di nome che giravano vorticosamente attorno a questo o quell'altro giocatore associato di giorno in giorno a questa o quell'altra squadra; c'erano speranze, illusioni, delusioni, i giornali acquistati e divorati alla ricerca di news, conferme o smentite; la televisione sempre sintonizzata alla ricerca di un notiziario sportivo. Era bello così, era bellissimo. 
Nel 2006, il primo strappo: si apre lo scandalo di Calciopoli. Partite comprate, arbitri "ammorbiditi", intercettazioni, sospetti, veleni, tifosi in piazza manco ci si preparasse alla rivoluzione d'Ottobre. Arrivò il mondiale e spazzò via tutto: dopotutto, si voleva mica gettare fango sugli eroi di Berlino, vero? Sia mai. Si ripartì a settembre con quello che avrebbe dovuto essere l'anno zero: l'Inter fu proclamato Campione d'Italia, la Juve sbattuta in serie B, le altre squadre penalizzate. In realtà tutto era rimasto immutato, anzi, se possibile i veleni e i rancori erano aumentati a dismisura: Inter-Juventus si trasformava sempre di più in una guerra tribale, mentre da una parte e dall'altra non mancavano sgarbi e colpi bassi. Poi arrivò Mourinho, quello che disse di non essere un pirla e in effetti fu tutt'altro: seppe adattarsi benissimo alla melma del calcio italico e ci sguazzò dentro in lungo e in largo, con i suoi zero tituli e le manette di Inter-Sampdoria. Assurse a profeta per il popolo nerazzurro, che lo idoltrò e lo coccolò e lui in cambio gli regalò la Leggenda: campionato, Coppa Italia e soprattutto Champions League, per un triplete che mai nessuno in Italia era riuscito a centrare prima di allora. Devo ammetterlo, quel Mourinho a tratti mi piaceva proprio: era un genio della comunicazione, sebbene troppo spesso andasse oltre.
Non sto a raccontarti tutte le tappe della tua caduta, caro Calcio, dal momento che le conosci meglio di me. Arriverò brevemente alla conclusione, perché purtroppo in questi ultimi mesi ci sono stati alcuni fatti che mi han fatto stancare di te:
a) il calcioscommesse: orribile, gente ricca e famosa che si vende partite per altri soldi. Che roba orribile, che enorme presa per il sedere andare a vedere uno show truccato pensando di assistere a un vero confronto fra sportivi
b) le Olimpiadi: che c'entrano le Olimpiadi col calcio? Forse niente, anzi sicuramente niente: altro spirito, altre storie, altri Sport. Però quest'anno a Londra abbiamo scoperto un'altra Italia, quella che nel silenzio e con grande sacrificio arriva all'eccellenza, senza clamore, senza luci della ribalta, senza paparazzi al seguito. Alla base invece tanta fatica e tanto sudore, ore e ore passate in pedana coi maestri d'arma, o al poligono o nelle palestre a tirare pugni e calci per fuggire alla fame e a un destino che altrimenti si sarebbe chiamato criminalità. Ah, a proposito: è stato bello per queste due settimane trovarti relegato solo a partire dalla pgina 26 della Gazzetta!
c) la Supercoppa di ieri a Pechino: non ho seguito la partita, ma a giudicare dal contorno di veleni e polemiche assortite non deve essere stato uno spettacolo edificante. Prima domanda: d'accordo che business is business, ma perchè a Pechino? Il calcio è passione popolare, se si allontana quella è la fine. E poi francamente mette tristezza, vera tristezza, sentire cinesi scandire cori del tipo "Noi non siamo napoletani" oppure "Sapete solo rubare". Da ultimo, la scenata del Napoli che non si presenta alla premiazione come segno di protesta. Il tutto mentre a Londra le ragazze della pallamano del Montenegro tributavano un lungo applauso alle avversarie vincitrici e invitavano tutto il pubblico del palazzetto a fare lo stesso. Perchè il vero Sport è questo, applaudire l'avversario sempre e comunque e accettare la sconfitta, in qualsiasi modo arrivi.
E' stata questa, forse perchè caduta in pieno periodo Olimpico, la goccia che ha fatto traboccare il vaso. 
Bene, caro calcio, ho finito. Ti saluto.