domenica 17 ottobre 2010

Ricusazione della Follia

Quella che è appena passata è stata una settimana terribile, sotto tutti i punti di vista, in cui la Follia l’ha fatta da padrona e in cui questa si è intrecciata allo sport. E così spero che questa domenica spazzi via, anche approfittando delle piogge e del freddo che sferza Milano in questi tempi, definitivamente questo periodaccio.
E così, una cosa sola mi viene in mente: fermate il mondo che voglio scendere. Perlomeno da questo mondo, in cui al decadenza dei valori morali basilari venduti in nome dell’apparire e del facile successo, completamente sballati dalla società del consumo frenetico e ad ogni costo, ha portato a un pericoloso assottigliarsi della già sottile linea rossa che esiste fra il lecito e l’illecito, il bene e il male, il giusto e lo sbagliato.
Sarah Scazzi è stata trasformata in oggetto di possesso da parte di suo zio: quando essa si è ribellata a questa volontà perversa e assurda di possesso, non ci è voluto nulla prima che queste si tramutasse in furia omicida. Folle e mostruosa. Come la sete di notizie di giornalisti o pseudo - tali che hanno trasformato per l’ennesima volta, fin dalla tragedia di Alfredino Rampi oltre vent’anni fa, un dramma in un reality con il relativo circo di opinionisti da strapazzo, divisione in fazioni colpevolista e innocentista, giustizialismo ipocrita, fiumi di lacrime versati ad hoc da chi fino al giorno prima nemmeno sapeva che la ragazza fosse scomparsa da casa. Poi è arrivato il calcio, il dio Calcio, quello che spazza via tutto e che rende ogni altra cosa superflua. Ma la Follia era in agguato e si è insinuata nel corpaccione possente di tale Igor Bogdanov, novello Attila calato dalla Serbia pronto a mettere a ferro e fuoco una città e a mettere a rischio la salute di migliaia di persone arrivate allo stadio solo per vedere una partita di calcio; il tutto con lo scopo, peraltro ottenuto di far sospendere la partita e provocare una sconfitta a tavolino alla loro nazionale.
Ma la follia non si ferma qui; la Follia è obliqua e così mentre albergava nell’energumeno tatuato, allo stesso tempo si impadroniva di un ventenne romano, che pensava bene di risolvere un banale battibecco alla fermata della metro con un pugno che ha chiuso per sempre gli occhi a una giovane infermiere romena. La Follia si è impossessata di tutti quelli che hanno indifferentemente osservato il corpo inerme della donna, senza un minimo di umana pietà che li portasse perlomeno a sincerarsi delle sue condizioni. E di energumeno in energumeno, ecco la Follia prendere posto nella mente di un 31enne milanese che massacra un tassista fino a ridurlo in fin di vita. motivo di tanta furia: un banale incidente, un cane senza guinzaglio che finisce sotto il taxi guidato dall’uomo, il tassista che scende per scusarsi dell’accaduto, le urla della padrona, l’energumeno che arriva a dare manforte.
Ok, per fortuna si è finito di parlare di energumeni e che picchiano. Ma una riflessione m viene spontanea e sarà anche il titolo del mio pezzo: qualche tempo fa, all’alba del pensiero umanistico e rinascimentale, un certo Erasmo da Rotterdam scrisse un elogio della Pazzia. Sono convinto che se vivesse oggi ne scriverebbe una ricusazione, o quanto meno una postilla che spiegasse come l’idea di Follia da lui teorizzata e da lui apologizzata non aveva nulla anche vedere con questa giustizia sommaria dei cazzotti, degli omicidi, del sesso con un cadavere come sfregio estremo a una vita spezzata a quindici anni.
Caro Erasmo, se vivessi oggi, scriveresti ancora le stesse cose?

lunedì 4 ottobre 2010

Eroi nella polvere, un amore nonostante le corna: io e il ciclismo

Ci risiamo, eccone un altro. Un altro eroe del ciclismo caduto nella rete del doping, almeno così pare. E stavolta il nome è di quello che pesa, perché si tratta nientemeno che di Alberto Contador, il fenomeno spagnolo riemerso dalle ceneri di un aneurisma celebrale che per poco non se lo portava via con se a soli 24 anni. Era esploso al Tour del 2007, mettendo in mostra scatti micidiali e alla fine portandosi a casa quell’edizione della corsa francese, avvelenata manco a dirlo dal doping. Poi nel 2008 Giro d’Italia e Giro di Spagna, quindi altri due Tour de France consecutivi, nel 2009 e nel 2010. e l’altro giorno la bomba: Contador positivo all’antidoping durante l’ultimo Tour de France a una sostanza dal nome quasi impronunciabile: Clembuterol, una sostanza anabolizzante. Secondo il corridore spagnolo, che fin dall’inizio aveva giurato e spergiurato sulla propria estraneità al mondo e alla pratica del doping, la causa della positività sarebbe da riscontrare in una bistecca avariata consumata durante la corsa. Fin qui la cronaca. Tralascio il dibattito solito e stucchevole fra colpevolismo e innocentismo, non è questa la sede.
C’è però qualcosa d’altro che voglio sottolineare: il mio rapporto col ciclismo si può riassumere nell’amore cieco. Nonostante mi sia sentito tradito più volte, continuerò ad amare questo sport, a guardarlo, a osservare le sfide all’ultima pedalata dell’ultimo sport romantico rimasto, dell’ultimo sport dove l’uomo continua a contare più della tecnologia. Uno sport fatto ancora di sudore, lacrime, a volte sangue, di salite (terribili, arcigne) e discese, di Inferno e Paradiso, di Storie che si intrecciano nei lunghi chilometri della corsa, di nomi leggendari che nell’immaginario collettivo continueranno a riecheggiare fino alla fine dei tempi. Purtroppo ultimamente è uno sport fatto soprattutto di doping, squalifiche, cadute di eroi. Ma come Contador, l’ultimo Eroe del ciclismo pulito ora caduto nella polvere, anche il Ciclismo saprà risorgere dalle ceneri e tornerà a raccontare Storie e Leggende di piccoli uomini che in sella alla loro cavalcatura sfidano i giganti della Montagna.