domenica 22 aprile 2012

L'ennesima sconfitta del Calcio italiano


Quando sabato scorso la morte improvvisa e drammatica di Piermario Morosini aveva fatto calare un doveroso sipario di silenzio sul Campionato, parve per un attimo che anche il Dio Pallone avesse trovato un attimo di umanità. Da più parti si era levato il coro che c'erano cose più importanti che non una partita di calcio, e in molti si erano ripromessi di essere più buoni. 
Come non detto: passata l'onda emotiva per la tragedia, si è tornati alle care vecchie abitudini. Le polemiche sul recupero della giornata o sullo slittamento sono state solo l'antipasto di quanto accaduto ieri a Marassi durante Genoa-Siena. Dunque ricapitoliamo brevemente quanto accaduto. Minuto 53 della partita: il Siena ha appena messo a segno il goal del 4-0 che fa precipitare sempre più nel baratro un Genoa sempre più in crisi e sempre più vicino alla retrocessione. E' in quel momento che scatta la follia ultrà: alcuni individui si spostano dalla gradinata nord al settore distinti e cominciano a lanciare in campo petardi e fumogeni fino a ottenere la sospensione della partita. Quindi la pretesa che i giocatori si tolgano le maglie e le consegnino: loro sono indegni di vestire quella casacca gloriosa. Marco Rossi, il Capitano della squadra, dapprima prova ad andare a trattare coi facinorosi, quindi si arrende e ordina ai compagni di togliersi la maglia e darla a lui. In mezzo a tutto questo Mesto scoppia in lacrime, mentre Sculli, con coraggio e dignità affronta di persona gli ultrà e si rifiuta di cedere al suo ricatto. E' questa l'immagine simbolo di questa giornata, assieme a quella di una famiglia terrorizzata che scappa dagli spalti mentre tutto intorno a loro scoppia il caos. Per 50 lungissimi minuti il calcio italiano è ostaggio della follia e della violenza di un ristretto gruppo di gente che dicono di essere tifosi, quindi in un clima surreale la partita riprende e viene portata a termine. Finirà 4-1, perchè il Siena pietosamente non infierisce e "regala" anche un'autorete che rende meno pesante il passivo. Ma questa è solo una nota statistica.
Restano, in fondo a questo triste spettacolo, alcune riflessioni e alcune domande da porsi: perché si è permesso che la gente si spostasse tranquillamente da un settore all'altro dello stadio, soprattutto una volta che si erano intuite le loro reali intenzioni? Perchè questa gente è potuta entrare allo stadio senza problemi malgrado avesse con sè bombe carta e fumogeni? Perchè ogni volta chi ci deve smenare è il tifoso onesto e veramente appassionato che va allo stadio solo per vedere una partita o per passare una bella giornata in famiglia e si vede invece costretto a scappare in fretta e furia con i bambini terrorizzati?  Per non parlare poi dello squallido gioco dello scarica barile per appurare chi, fra la società e le forze dell'ordine, sia il reale responsabile della degenerazione della situazione. Purtroppo si sa come vanno le cose in Italia, si aspetterà la prossima tragedia per rifelttere e studiare nuove leggi perchè non accada più; si cavalcherà l'onda emotiva, ci si costernerà, ci si indignerà e in parte ci si impegnerà e poi si getterà la spugna con grande dignità. D'altronde, lo diceva anche il grande De Andrè in uno dei suoi tantissimi capolavori. Già, Faber: chissà cosa avrebbe pensato da Genovese e Genoano quale era.
Piccole note conclusive: ieri pomeriggio, al Molineux, il Wolwerhampton giocava contro il Manchester City con l'obbligo di vincere per mantenere viva anche solo una flebile speranza di salvezza. La partita si è conclusa 2-0 per la banda Mancini e per i Wolves si è aperto il baratro del Championship. Eppure i tifosi applaudivano e ringraziavano lo stesso i loro giocatori. Rimanendo in Italia e anzi saltando dall'altra sponda di Genova, tutti ricordano come finì la stagione scorsa della Samp: dal sogno Champions al dramma della retrocessione senza passare dal via. Ma finì anche con Palombo in lacrime che andava a scusarsi coi propri tifosi e con la maggior parte di essi ancora sugli spalti a cantare ed applaudire.

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